L’inconscio non parla la lingua della mente logica

Fondamentalmente ognuno di noi sa come comportarsi per risolvere un problema.
Se bastasse seguire le indicazioni razionali, non avremmo problemi e turbamenti. L’obeso è consapevole di doversi mettere a dieta e fare movimento.
L’innamorato infelice, ricattato affettivamente dal partner, intuisce che dovrà lasciarlo, prima o poi.

Entrambi i soggetti, inchiodati allo stile di vita imposto dal disagio, non riescono a porre in essere le azioni, e talvolta le omissioni, necessarie a risolvere o a contenere il problema.

Il ragazzo introverso è perfettamente a conoscenza del fatto che deve proporsi in maniera più determinata, ma vivrà uno stato di sofferenza allorché si renderà conto di non riuscire a porre in essere quello stato di sicurezza interiore che gli permette di comunicare con scioltezza.

Vive in una prigione emotiva.

Dato che la parte istintuale non comprende il linguaggio della sfera razionale, ripetere continuamente a noi stessi la possibile soluzione dei problemi non ci aiuta, anche se siamo convinti che la forza di volontà sia l’unica arma contro le nevrosi.

Infatti, siamo abituati a combattere i sintomi, mai le cause dei disagi.

Siamo portati a cercare soddisfazioni nel breve periodo, non ad andare a fondo delle questioni esistenziali.

D’altronde proprio a questo ci ha abituato la cultura logico-digitale imperante: o si riesce ad essere padroni della propria vita e a trovare, di conseguenza, la risposta immediata ad ogni problema, altrimenti significa che ci sono delle patologie mentali in corso e l’individuo è etichettato come malato.

Occorre una spiegazione razionale per tutto.

Senza voler polemizzare, sembra di avvertire un grosso vuoto culturale sulle dinamiche di comunicazione della nostra parte emotiva.

Tutto deve essere ricondotto su un binario logico, scientifico.Purtroppo, il dialogo tra l’inconscio e mente razionale assomiglia ad una conversazione tra un italiano ed uno straniero: una comunicazione tra persone che parlano lingue diverse.

Esempio pratico: la sfera adulta si convince che dobbiamo smettere di fumare, quindi ricorriamo alla forza di volontà, l’unica risorsa che conosciamo.

Resistiamo una settimana, dieci giorni e siamo convinti di essere fuori dall’odioso vizio. Nei casi più fortunati passa un mese senza che accendiamo una sigaretta.

Diventiamo pieni di stima in noi stessi: abbiamo superato un muro apparentemente invalicabile. Ad un certo punto arriva la triste notizia che un buon affare è andato in fumo, oppure che l’azienda ha deciso di ridimensionare il personale in esubero, tra cui noi, oppure che il fidanzato/a ha intenzione di lasciarci.

Magari nostro figlio ci ha dato un dispiacere improvviso.

Lo stress è eccessivo: bisogna scaricarlo. Cosa c’è di meglio che accendere una sigaretta dopo settimane?

Tanto, ci ripetiamo, possiamo smettere quando vogliamo.

Così ricomincia il vizio, peggio di prima.

L’aspetto è talmente insidioso che può manifestarsi anche in caso di grandi gioie: perché non accendere una sigaretta in sala d’attesa quando nasce nostro figlio, o quando festeggiamo una promozione sul lavoro?

L’inconscio ha colpito in ogni caso, nel bene e nel male, categorie che non lo riguardano.

Così come colpisce il sedicente buon amatore garantendogli la de faillance proprio con una persona speciale, convinta ad uscire con lui dopo un lungo, estenuante corteggiamento.

La ragazza in questione, forse, può essere stata lusingata dal notare che il suo spasimante è riuscito a mettersi a dieta o a smettere di fumare per lei.

In questo caso, però, l’Io bambino (inconscio) del corteggiatore si alimentava proprio attraverso il disagio emotivo correlato al vizio del fumo o al problema dell’obesità, e ha esercitato un sabotaggio mirato alle aspirazioni di successo amoroso del soggetto.

È come se si fosse vendicato a seguito della sottrazione del cibo emotivo che lo nutriva: il problema. In ogni caso, l’uomo non può vivere senza sfide.

Se non riesce a trovarle nel mondo circostante, il sistema mentale le crea.

I problemi sono la fonte di alimentazione di un io bambino a suo tempo deluso nelle aspettative d’amore.Il nostro dolore è la sua riserva alimentare.Se rimane all’interno di un adeguato indice di tolleranza, il disagio è positivo.

Spinge all’intraprendenza e motiva l’individuo. Se lo supera, nasce uno stato di sofferenza di connotazione patologica, allorché un qualsiasi bisogno dell’individuo rimane frustrato.

L’Io bambino, quindi, è la causa dei malesseri esistenziali.

Non è nostro nemico, si badi bene.

Grandi emozioni di gioia, come gli innamoramenti, sono anch’esse realizzate dall’inconscio, croce e delizia della nostra vita.

Ha bisogno di alimentarsi energeticamente attraverso le disfunzioni comportamentali, poiché l’individuo non riesce, o non sa, comunicargli le sensazioni di cui ha bisogno.

L’incomprensione tra Io bambino e sfera logica è dovuta al fatto che l’inconscio possiede una grammatica limitata, non in grado di comprendere strutture e architetture razionali complesse.

Noteremo, approcciando la comunicazione non verbale, che determinati segnali di scarico tensione si produrranno solo su determinate parole, o concetti.

Taluni autori paragonano l’Io bambino ad un pappagallo che ripete le ultime parole all’interno di un discorso più vasto.

Nel nostro caso, percepisce solo i contenuti emotivamente rilevanti.Ho potuto constatare questa realtà nel corso degli anni, e ritengo di averla ricondotta all’interno di una metodologia esperenziale di notevole utilità pratica.

Se parliamo con una qualsiasi persona di svariati argomenti, ma ad un certo punto pronunciamo la parola padre, al cui suono l’interlocutore si gratta una zona del viso, abbiamo l’evidenza di come l’inconscio ha recepito esclusivamente questa parola, pur all’interno di un contesto più ampio.É incapace di ricollegare il concetto logico alla stimolazione emotiva che lo ha turbato.

Per lui è come se tutti i concetti espressi, tranne la parola padre, risultino alla stregua delle interferenze che si avvertono parlando al cellulare in una zona con poco campo.

Ne deriva una percezione della realtà priva di colori, di sfumature, almeno nel senso che intendiamo per mezzo della nostra sfera razionale.

Allo stesso modo, quando non riusciamo a convincere qualcuno a compiere un’azione per noi importante, è come se avessimo offerto al suo Io bambino esclusivamente interferenze logiche, senza alcun coinvolgimento.

Da un lato, capire che l’inconscio avverte solo le valenze tensionali ci fa considerare che vite piatte, monotone e insoddisfacenti annullano il mondo emotivo, con il risultato che l’Io bambino, non ricevendo sollecitazioni, le crea da sé attraverso disagi, turbamenti, problemi.

Prendere atto di questa realtà ci ha permesso di scoprire il meraviglioso mondo analogico e spero succeda anche a te attraverso il Master in Comunicazione Analogica Non Verbale.

Siamo in grado, attraverso le conoscenze acquisite, anche della comunicazione non verbale, di ricomporre metodicamente la frattura tra la mente logica e la sfera emotiva, conflitto che può compromettere la nostra serenità.

In questa sede è di particolare importanza sapere che l’Io bambino si esprime attraverso la gestualità, i segnali, i comportamenti degli individui.

Quando parliamo di comunicazione analogica, ci riferiamo alle modalità d’espressione di queste parti di noi.

Nel sistema analogico non si può non comunicare. Tutti i segnali non verbali di scarico tensione, gradimento e rifiuto sono espressioni della parte emotiva, indicazioni dei desideri profondi. La gestualità è il canale di collegamento con l’Io bambino.

Se ci troviamo a bordo di un aereo e non abbiamo voglia di interagire con gli altri passeggeri, ci limitiamo a non parlare.

Questa omissione, esaminata sotto la lente analogica, attraverso l’atteggiamento del corpo o l’espressione del volto, manifesta l’intenzione di mantenere il riserbo all’interno di una comunità di individui.

Ovviamente la sfera logica e quella analogica non sono sempre così delineate, in quanto determinati suoni, ad esempio, pur essendo espressioni verbali, hanno connotazioni emotive.

Tutto ciò che è verbale non sempre è logico e tutto ciò che è gestuale non sempre è analogico.

La cultura analogica ci porterà a scoprire uno stato di sicurezza e di piacevolezza di vivere, che, in precedenza, ci era quasi sconosciuto.

Purtroppo, la maggioranza delle persone non ha lo stesso interesse culturale e formativo che ci ha spinti a leggere questo libro; come non ha alcun interesse a maturare un percorso di auto realizzazione personale e spirituale, vivendo in molti casi secondo credenze limitanti e pregiudizi.

L’esperienza del sapere analogico cambia la vita, ma, allo stesso tempo, è per tutta la vita.

Il potere del Gesto – Stefano Benemeglio